Che succede a Lampedusa? Fuochi razzisti, l’ennesima orribile pagina di violenza e intolleranza verso il migrante.

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‘‘Ancora sbarchi a Lampedusa ormai al collasso. Torna l’emergenza immigrazione alle coste italiane[…]”

Sono notizie non nuove agli italiani. Notizie di questo genere che appaiano agli occhi degli italiani e del resto dell’Europa solo quando ci sono nuovi sbarchi a Lampedusa e anche allora non si prendono i giusti provvedimenti per affrontare la situazione. Ormai gli sbarchi dei clandestini a Lampedusa sono sempre più in rialzo e per di più si respira un clima pesante di odio e di razzismo. Una situazione estremamente difficile sia per i migranti sia per gli abitanti dell’isola anche se segni razzisti di questo genere non giustificano la situazione e per di più non risolvono niente.

Lampedusa sta vivendo l’ennesima orribile pagina di violenza e intolleranza verso il migrante. Intolleranza creata a tavolino dalle più alte istituzioni con l’assoluta intenzione di fare di Lampedusa un luogo dove le persone stanno in prigionia in condizioni assolutamente disumane, distruggendo gli equilibri della comunità locale non più con lo spirito di tolleranza ma con il rischio di creare fazioni razziste pronte a difendere l’isola con i denti.

Gli Incendi nelle case della Fraternità, case di accoglienza sono ormai comuni, stando a quanto riportano i giornali e le agenzie di stampa, a Lampedusa tre giorni fa alle 24:30 è avvenuto un incendio ad uno dei barconi messi in custodia nella Casa della Fraternità. Dichiara Damiano Sfelazzo, vicesindaco di Lampedusa e Linosa, sul luogo l’incendio è stato domato dal corpo dei vigili del fuoco che hanno comunicato ai carabinieri che l’incendio è stato provocato da qualcuno in quanto le barche sono prive di batterie e appunto l’incendio non poteva avere principio da un corto circuito elettrico.  Si precisa dunque che l’incendio ha una natura dolosa. Si dichiara inoltre che le condizioni della barca non sono delle migliori, la cabina è carbonizzata la coperta e in discrete condizioni insieme al resto della barca.

Verso la fine dell’operazione di spegnimento alcuni vigili del fuoco mentre controllavano l’area della casa della fraternità hanno trovato un volantino con su scritto ” NO AI CLANDESTINI LIBERI SULL’ISOLA. U CAPISTI…? ALLA PROSSIMA… GRUPPO ARMATO LAMPEDUSA LIBERA”. E’ chiaro che dopo le varie tensioni registrate negli ultimi giorni tra denunce di scasso fatte ai carabinieri da parte di cittadini e intenzioni di creare gruppi di ronde per vigilare l’isola,e tra le dichiarazioni di gruppi neofascisti contro il sindaco Giusi Nicolini, ormai la situazione è insostenibile.

Il sindaco Giusi Nicolini i cui incendi improvvisi punteggiano il ritmo della sua attività politica, del suo impegno civico, visti i risultati, farebbe pensare che questa cinquantenne, sindaco da pochi mesi ma già vicesindaco ad appena 23 anni, di capire, non capisce, e va avanti con la sua battaglia. Materna quando parla di migranti. Quando dice: «Ci auguriamo che gli sbarchi ci siano, che queste persone riescano ad arrivare sulle nostre coste VIVI… Per noi non sono numeri ma persone». Parole che sembrano un abbraccio, che però scatenano l’odio, odio da parte di chi usa quell’interrogativo  «U capisti?» (l’hai capito?). Diretto a una persona specifica: il sindaco. 

Negli’ultimi anni gli sbarchi a Lampedusa si sono notevolmente intensificati, come dimenticare gli sbarchi di un anno fa di quasi 6000 clandestini più degli abitanti dell’isola.

Proprio l’altro ieri, ad un anno esatto dagli scontri tra Tunisini e un gruppo di Lampedusani, mentre si inaugurava a Roma una importante mostra al Museo Etnografico Pigorini dove l’associazione Askavusa presentava una installazione di Giacomo Sferlazzo e Costanza Ferrini “La parola è bussola”. Appunto si parlava della costituzione di un luogo della memoria a Lampedusa, un gruppo di ‘’vigliacchi razzisti’’dà alle fiamme una delle barche che l’associazione ha recuperato.

Questa volta è un barcone che va a fuoco, uno di quelli che ha trasportato un po’ miracolosamente i migranti sulle coste italiane di Lampedusa. Non solo, uno di quelli dati in dono dalla Prefettura alla associazione culturale Askavuza, destinati alla realizzazione del museo dell’immigrazione. 

Facendo riferimento a un anno fa, dove la situazione era insostenibile e si aspettava una via d’uscita da parte del governo e dall’Unione Europea , ora la resa dei conti di quell’anno fa parla chiaro : l’Italia, assieme ad altri paesi dell’Unione europea e alla Nato, non ha adottato tutte le misure necessarie per garantire ai civili in fuga dalla Libia e da altri paesi attraverso il Mediterraneo di mettersi in salvo. Dal marzo 2011, si ritiene che almeno 1500 persone siano morte in mare, questo da quanto riporta Amnesty International. Grazie anche al contributo della fondazione Migrantes e l’aiuto della parrocchia di Lampedusa ,ora queste 1500 migranti spersi nell’Mediterraneo avranno  un luogo di memoria a Lampedusa.

Stando a quanto riporta la conferenza stampa della Sezione Italiana di Amnesty International negli giorni scorsi proprio da un anno di questi sbarchi di 6000 migranti dove 1500 sono morti nel Mediterraneo, la Marcia per la Pace Perugia-Assisi ha ricordato i dispersi in mare con un striscione “1500 morti nel Mediterraneo. Europa dove sei?”. La marcia è stata preceduta dal meeting dei “1000 giovani per la pace”, il 23 e 24 settembre, e che si è svolta nei pressi di Perugia.  Arrivati, da tutta Italia e dal Mediterraneo, un migliaio di ragazze e ragazzi impegnati a coltivare i valori della non violenza, della giustizia, della libertà, dei diritti umani, della pace e della responsabilità, con l’obiettivo di creare un crocevia di storie ed esperienze ma anche un laboratorio di idee e progetti.  

E’ stato anche un’occasione per raccontare l’esperienza del “Campeggio per i diritti umani” di Lampedusa, durante il quale alla fine di luglio 41 ragazzi e ragazze arrivati da tutta Italia e da altri paesi europei hanno potuto conoscere da vicino la realtà dell’isola, attraverso incontri diretti con le organizzazioni che lavorano con i migranti e i rifugiati, l’associazionismo locale e la popolazione.

Quello che sta accadendo a Lampedusa è l’ennesimo tentativo di alzare la tensione tra i lampedusani e i migranti, anche se la presenza delle forze dell’ordine sull’isola è notevole ma bisognerebbe prevedere in altri modi per far calmare una volte per tutte questi atti di violenza, razzismo e intolleranza verso il prossimo. Ovviamente ci possono essere visioni diverse e contrastanti sull’immigrazione come su altre questioni, ma azioni di vandalismo, razzismo e atti di intimidazione non sono e non devono essere tollerati. Abitiamo in un paese civile, comportiamoci da tali.

How is Italian journalism seen abroad?

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Informing Media Abroad …
Italy, earth of immigration which always tries to give as much information as possible for the worldwide Italian communities, taking care of news about immigration; emigration; intercultural dialogues; coexistence; integration; economy; politics and so on. 

However there are concepts and messages which not always transmit the right meaning and sense of the whole. Often journalism in Italy is seen as a way to express ideas and radical values influenced by political parties. 
The power of the word itself is huge, where communication is word and politics also, and of words in this case information is made of. Information which nowadays is more (and if possible) at the center of the information itself, is a huge accomplishment for the society. 
When an Italian journalist writes about politics, it is clearly expressed his political influence. 
Personally I compare them with war journalists because also in those cases totally flexibility and independence is required in order not to take the part of anyone but to always write what is really seen (and proved on facts), and to report the real point of view of the situation.
This news is expressed in Italian territory through two different professional figures such as the correspondent and the reporter. The first one as we already know allocated by the editing, for a long period in an geographical destination, and the second one send abroad when certain events and breaking news have the need for.
If we get to examine any daily press release of what is published on Tunisia or Kosovo, in Italy, you will have probably noticed that most of the topics treated, are on the government’s agreements or on any economic; political or cultural bilateral exchanges.
However what absolutely conquer place on any TV News Broadcast or on the front page, are news which have to do with any terroristic attach like the one in Djerba on April 2002, or the misfortunes of the illegal immigrants lost in the sea, makes even more emphasis if there are children lost in the sea.
Italian press, if highly controlled by the Italian editor, abroad it changes and opens its doors , not knowing limits, in order to well inform and to present what is really going on in Italy , the so called “Nowadays true Italian reality” from an economic point of view; cultural one; but mostly political.
Journalism nowadays also in Italy has a mediation function always more relevant when the rush and speed of news impose focused professionalism based on competence and responsibility.
Press abroad resembles with the abroad places’ features, just like the Italian Journalism resembles with the Italians. 
In Italy it is normal for a judge or a journalist to candidate in electoral campaign, abroad is less common and often with a one way go.
At the University here in Italy, on the publishing classes I have been taught that Italy comes from an ‘embedded’ journalism in politics and economy.
The importance of being autonomous and independent shouldn’t be attached to norms, but more than ever be an expression of the whole culture of a country in order to show proof of deep critical conscience of the society.
Journalism nowadays such as: investigative journalism; activist journalism; participative journalism; are connected to the worldwide Web news in which also the readers take part in, even though their ideas are less popular in these cases.
Another important point is the fact that we should distinguish and look for the quality of the information, regarding that the news is spread in a such a highly speed through Social Networks. It needs to take into consideration the passage into consulting these News Web Sides in payment, something which is more likely to happen soon.
Next to these developments according to James Harding, the editor of The Times, worried of these unsustainable losses, soon to consult The Times and The Sunday Times we will need to pay for it.
It is also true that nowadays, people who buy the so called ‘wastepaper’ newspaper are less than the one who read news on line.
Also Google, after an unpleasant “fight” with the editors, has announced that by the end of this year will launch an payment system, to buy contents on line and not only journals. It is difficult to analyze all these topics and problems about the Italian journalism abroad. Styles; techniques; the role of professionals; access to the occupation; economic patterns; development are all topics to examine. 
What remains though, is the feeling that all this was wrong from its origin. Because what really goes on in Italy is not shown at the Italian public and it is somehow ‘censored’ or even ‘modified’ or softened. An Italian reality which abroad is seen clearly and it’s often treated by the European and worldwide journalism.
However I am not trying to deepen certain topics or problems, which obviously exist and sometimes are even complex, but to reflect on the idea of “digital journalism” which is in contrast with the “traditional” one.
In the dense flow of Twitter and Facebook which have an important role in the spread of information not only in Italy but all over the world, what comes into my mind is the question of how this profession is really done nowadays.
Often a correspondent abroad finds himself in between two different actualities which don’t overlap: the way of dealing with news in one’s own place with the Journalistic machine of the host’s place is totally different.
The methodological or structural distance between the two, is even much bigger when it comes to have two different places; cultures; languages; social patterns and lifestyles.
Something is for sure, that an international journalist doesn’t have neither citizenship nor language but adapts to every situation in order to inform the right and to really express real facts.
A brutal synthetic, if you want to call it like that, but tight to real facts. Time ago a kind of ‘fight’ was taking place between “journalists of greatest certified”( traditional Journalists) and the so called “new digital journalists” dealing with participatory journalism in a citizen journalism world, but especially young journalist like us trying always to force our defenses and start to do this job by only asking a simple thing: to be waged the proper.

Come viene visto il giornalismo italiano all’estero?

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L’Italia, terra d’emigrazione, che all’estero cerca di dare più informazioni possibili sulle comunità italiane nel Mondo, tratta temi contermini di scottante attualità come emigrazione, immigrazione, minoranze, dialogo interculturale, integrazione, convivenza, economia, politica etc. Ci sono dei concetti, messaggi che non sempre sono trasmessi nel modo giusto. Di solito qua in Italia, il giornalismo è visto come un mezzo per trasmettere idee e valori radicali da influenze politiche. La forza della parola è enorme, dove la comunicazione è parola, la politica è parola, e di parola in questi casi si nutre l’informazione. Informazione che in questi tempi è ancor di più (se possibile) al centro dell’informazione stessa. Quando un giornalista italiano scrive sulla politica, si vede chiaramente l’influenza politica che ha. Personalmente lo paragono con il giornalista di guerra perché anche in quel caso si deve essere flessivi e autonomi a non tenere la parte di nessuno ma di scrivere realmente su cosa si vede e di presentare al pubblico un punto di vista reale della situazione. Questo interesse si esprime sul territorio attraverso due diverse figure professionali, il corrispondente e l’inviato. Il primo come sappiamo assegnato dalla propria redazione per un periodo prolungato in un’area geografica di destinazione, il secondo appunto inviato dalla testata sul luogo quando l’immediatezza e l’entità dell’avvenimento lo richiedono. Se faccio caso a una rassegna stampa quotidiana di ciò che si pubblica in Italia sulla Tunisia oppure il Kosovo, avrete certamente notato che gli argomenti maggiormente trattati vertono sugli accordi e sugli scambi bilaterali, economici, politici, culturali.

Tuttavia, ciò che immancabilmente conquista un titolo nei TG, o in prima pagina è un’apertura in cronaca estera o quello che è stato o è l’attentato terroristico, come quello di Djerba dell’ aprile 2002, o le sciagure in mare dei clandestini, ancor più se fra le vittime ci sono bimbi buttati a mare. La stampa italiana quella che, se controllata strettamente dalla ‘censura’ dell’editore italiano, all’estero apre le porte per non conoscere confini per presentare realmente quello che succede in Italia quella che è la realtà Italiana di oggi, sia dal punto di vista economico, culturale ma soprattutto politico. Il giornalismo anche in Italia è chiamato oggi a una funzione di mediazione sempre più rilevante quanto più la crescita e la velocità del flusso delle informazioni impongono una professionalità orientata alla competenza e alla responsabilità. La stampa all’estero assomiglia al carattere dei rispettivi paesi, come il giornalismo italiano assomiglia agli italiani. In Italia è normale che un giudice o un giornalista si candidino in campagna elettorale, altrove una po’ meno, e comunque senza possibilità di ritorno. Nei corsi di Editoria all’università in Italia mi hanno insegnato che L’Italia viene da un giornalismo “embedded” nella politica e nell’economia. L’importanza dell’autonomia e dell’indipendenza degli attori dell’informazione non dovrebbero essere legate a norme, ma essere un’espressione della cultura del paese, una prova della profonda coscienza critica della società.

Il giornalismo oggi, il giornalismo d’inchiesta, il giornalismo militante, il giornalismo partecipativo e la gratuità o meno delle notizie sul web dove partecipano anche i lettori, le loro idee, anche se impopolari su questi temi. Un punto importante è anche il fatto che bisogna distinguere la qualità dell’informazione stessa visto che viene diffusa cosi rapidamente dai social network e pensare sempre di più al passaggio della consultazione a pagamento delle notizie sul web che sembra avvicinarsi sempre più. Se a queste attività di sviluppo si affianca la dichiarazione del direttore del Times, James Harding, preoccupato dalle perdite insostenibili… presto per consultare i siti di Times e Sunday Times dovremo pagare. È vero che oggi siamo in pochi a comprare il giornale cartaccia. Ma anche Google, dopo una battaglia a dir poco sgradevole con gli editori, ha annunciato che entro fine anno lancerà un sistema di pagamento per acquistare i contenuti on line, e non solo di giornali. Difficile trovare un momento di maggior approfondimento su tutte le tematiche e le problematiche che intrecciano il giornalismo italiano all’estero. Tecniche, ruolo dei professionisti, accesso alla professione, modelli economici, prospettive, sono tutte tematiche da prendere sotto esamine. Quello che rimane, però, è la sensazione che tutto questo sia sbagliato in origine. Perché quello che succede realmente in Italia non viene trasmesso al pubblico italiano ma viene in qualche modo ‘censurato’ o a dir poco ‘modificato’, ‘sdolcinato’. Quella realtà italiana che all’estero si vede chiaramente ed è una realtà che il giornalismo europeo / mondiale ne parla molto . Non certo la necessità di approfondire temi e problemi, che pure ci sono e spesso gravi e complessi, quanto il fatto stesso di dover, ancora oggi, pensare a un “giornalismo digitale” che, per definizione, si contrappone a quello “tradizionale”. Nel denso flusso di twitter e facebook che hanno un ruolo importantissimo nella diffusione della notizia non solo quella italiana ma mondiale, ci si chiede come è che si fa questo professione ai giorni d’oggi. Molto spesso un corrispondente all’estero si trova a confronto con due realtà non sempre coincidenti : il modo di fare nel proprio paese e la macchina giornalistica del paese ospitante. La distanza, metodologica o strutturale, è chiaramente tanto maggiore quanto più i due luoghi, di lavoro e di corrispondenza riflettono culture, schemi sociali e stili di vita diversi.

Una cosa è certa che un giornalista internazionale non ha ne cittadinanza e ne lingua ma si adatta e fa di tutto per presentare ai lettori quella che è la vera realtà dei fatti. Una sintesi brutale, se volete, ma aderente alla realtà. Anni fa si parlava degli stessi temi, in una sorta di battaglia che vedeva da una parte i colleghi garantiti delle grandi testate “tradizionali”, con accanto schierati sindacato e ordine, e dall’altra parte l’assalto delle truppe di “nuovi giornalisti” digitali, dei sostenitori delle forme di “giornalismo dal basso”, del “citizen journalism”, dell’informazione partecipata e, soprattutto dei giovani come noi che tentano di forzare le difese e iniziare a fare questo mestiere, chiedendo una cosa semplice: essere retribuiti il giusto.